EUIPSE

Raccolta di espansioni linguistico-filosofiche a parole scelte

/eu·ipse/

Iniziare da un neologismo apre la possibilità di rendere, senza ricorrere ad un sistema di definizioni, l’idea di espansioni che costituisce l’intera dinamica di questa raccolta.

La particella eu- non brama d’essere presentata: porta in sé l’idea classica di bello, buono, e in modo ancor più potente costruisce l’aura di canonicità della sfera che vuole introdurre. Su quali fronti si esibiscano gli enti canonici e come li si possa individuare, sarà la sfida sottesa – per quanto oscuramente – ad innumerevoli passi delle analisi e delle sintesi che qui si esporranno.

-ipse espone già molte più esigenze di deviazione dal suo uso più scontato: qui si rimanda non tanto alla sua collocazione nella grammatica latina, quanto più ad un suo possibile legame con la parola ipseità (o ipsità).

ipseità s. f. [dal lat. mediev., scolastico, ipseitas, der. di ipse «(sé) stesso»]. – In filosofia, genericam., principio che afferma l’identità dell’essere individuale con se stesso, detto soprattutto di esseri dotati di coscienza.
(Vocabolario Treccani)

ipsità (lat. Ipseitas ; franc. Ipséité ). Termine usato da Duns Scoto per indicare la singolarità della cosa individuale.
(N. Abbagnano, Dizionario di Filosofia)

La seconda voce sopra riportata fa attribuire all’individuale una forma puntuale, locale, come risultato del collasso del mondo di natura alla sua singolarità (similmente all’interpretazione matematica del termine).

La prima voce pone a necessità il riflesso dell’individuo su se stesso, con tutte le conseguenze linguistiche – gradualmente aberranti – che una figura dell’«io» può introdurre.

Unificando i risultati delle due voci, si arriva ad abbozzare l’individuo come un ente puntuale che può autodeterminarsi in se stesso. Fin qui, tuttavia, questa possibilità di autodeterminazione è garantita da un solo principio, ovvero è un’assunzione a priori dalla quale non si vuole prescindere. Inoltre, ci è ancora ignoto l’aspetto più fenomenologico di tale approccio dell’individuo, le metamorfosi in cui l’identificazione accade.

Si dovrà attendere l’idealismo post-hegeliano per un primo, labile indizio su come si possano organizzare dialetticamente gli avvenimenti introspettivi dell’individuo – ovvero lo scenario in cui esso, agli albori del fluire della dialettica, prende in oggetto se stesso e non più un ente esterno.

In particolare, nel termine autosintesi si nasconde una svolta ctonia, quasi vibrazionale; ancora una volta, si affida ad una parola – o, più linguisticamente, ad un significante – l’occasione di contenere una vastità di indeterminazioni, di potenze. Sull’autosintesi Gentile parla di «posizione di sé nella propria identità e differenza», ed è qui che l’analisi teorica può elevarsi a reale visione dinamica. L’autosintesi crea lo stesso disegno di un disco di Airy imperfetto: nel tentativo di mantenere stabile l’identità in sé – il proprio cerchio – questa trabocca, dall’«io» creato, in qualcosa di variabile – gli archi irregolari attorno al cerchio. La zona di variazioni in cui l’«io» si indefinisce prenderà, da qui in avanti, il nome di estetica.

L’intero neologismo euipse che dà il nome alla raccolta, racchiude quindi il firmamento dei fenomeni estetici – vere espansioni isolate –  che si distinguono per essere in sé canonici. Espandere le parole scelte a significanti, coglierne le irregolarità al di fuori dei loro cerchi, è il compito linguistico che, nonostante la sua intrinseca impossibilità, viene qui accolto.

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Un mio disegno, creato per gioco ben prima che l’idea della raccolta prendesse il suo spazio. Mi accorgo solo adesso di quanto sia spontaneamente adatto ad assolverne il ruolo simbolico. Al centro, una figura circolare avvolta da archi e linee irregolari. I due cerchi di dimensione intermedia completano una triade, che può occasionalmente ricondurre alle fasi dialettiche tesi, antitesi, sintesi (con quest’ultima al centro, in quanto unica fase risolutiva e creatrice). I quattro cerchi minori espandono la dialettica a più fasi, e fanno sì che una triade ricompaia, in una scala ridotta, ad entrambi i lati del cerchio maggiore, similmente a quanto accade in un frattale.